Il sentiero delle streghe

Il senso d'incertezza che favorisce l'autoritarismo

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    Dal movimento per la Brexit nel Regno Unito ai successi del Front National in Francia, per arrivare all’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, tralasciando esempi più nostrani: in molte parti del mondo stanno prendendo piede movimenti politici che utilizzano ovunque una retorica focalizzata sul nazionalismo e sul protezionismo.

    E le caratteristiche dei loro leader sono piuttosto stereotipate: si tratta di individui autoritari, aggressivi, narcisisti, guidati da principi morali piuttosto fragili e mutevoli. Eppure la loro popolarità rimane costante anche rispetto ad altre personalità politiche più equilibrate e rispettabili.

    Ma quali sono le motivazioni psicologiche profonde che garantiscono tanto seguito? Uno dei fattori più importanti è la sensazione d'incertezza, derivante in parte da un'oggettiva precarietà socioeconomica, che spinge gli individui ad affidarsi a leader o a gruppi di potere autoritari, che promettono di risolvere rapidamente i problemi.

    È quanto ha concluso un nuovo studio pubblicato sui "Proceedings of the National Academy of Sciences" da Hemant Kakkar e Niro Sivanathan, della London Business School, verificando su base statistica una teoria basata su precedenti studi.

    Secondo la psicologia evoluzionistica, i primati, compresi gli esseri umani, organizzano i loro gruppi sulla base di gerarchie di dominanza con un leader alfa al vertice. Questa organizzazione sociale è particolarmente evidente quando l’ambiente è incerto e minaccioso, oppure quando c’è una competizione per le risorse tra specie o gruppi.

    Una descrizione più precisa di ciò che succede nelle società umane moderne è contenuta nella teoria della riduzione dell'incertezza, formulata dallo psicologo britannico Micheal Hogg negli anni duemila.

    Secondo questa teoria, gli individui sono naturalmente portati a ridurre l’incertezza, uno stato spesso percepito come una minaccia, identificandosi con il gruppo di appartenenza. E le persone che più sono coinvolte in questa identificazione sono maggiormente disposte ad azioni estreme per superare le difficoltà.

    In termini politici, queste stesse persone tendono ad aderire a ideologie autoritarie, seguendo leader che propugnano ordine e chiusura verso ciò che proviene dall'esterno, considerato un modo rapido ed efficace per evitare le incertezze e le minacce. Questa sarebbe, in casi estremi, la base di consenso dei sistemi totalitari.

    Per verificare queste premesse teoriche i due autori hanno condotto un sondaggio demoscopico negli Stati Uniti per verificare le preferenze espresse nell'ultima tornata elettorale da 750 soggetti, incrociandole poi con gli indicatori socioeconomici delle zone di provenienza, come i tassi di povertà, di disoccupazione e di abitazioni sfitte.

    Hanno poi ampliato questa base di dati statistici considerando due database della Banca Mondiale: il World Values Survey (WVS) e il World Developement Indicators (WDI), che raccolgono le opinioni politiche di un campione rappresentativo di 100 nazioni del mondo fin dal 1981. Complessivamente, sono stati estratti i dati relativi a 140.000 soggetti di 69 paesi del mondo negli ultimi 20 anni.

    L'analisi statistica ha confermato l'ipotesi di partenza: in una situazione d'incertezza economica, le persone tendono di più a supportare scelte autoritarie. In particolare, lo studio documenta che questo fenomeno è mediato dal senso di mancanza di controllo personale degli individui.

    I risultati complessivamente forniscono un quadro a larga scala dei meccanismi psicologici che precedono la preferenza per i leader autoritari rispetto ai loro antagonisti più equilibrati.
     
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